Dai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio al Principe: la visione dell'uomo.
Il fondamento dei Discorsi è questo,
gli uomini “non sanno essere nè in tutto buoni, nè in tutto tristi”, e perciò non hanno tempra logica, non hanno virtù. Hanno velleità, non hanno volontà. Immaginazioni, paure, speranze, vane cogitazioni, superstizioni tolgono loro la risolutezza. Perciò “stanno” volentieri “in sull'ambiguo”, e scelgono le “vie di mezzo”, e “seguono le apparenze”. Ci è nello spirito umano uno stimolo o appetito insaziabile che lo tiene in continua opera e produce il progresso storico. Quindi gli uomini non sono tranquilli, e salgono di un'ambizione in un'altra, e prima si difendono, e poi offendono, e più uno ha, più desidera. Così, negli scopi, gli uomini sono infiniti, e nei mezzi per ottenerli sono perplessi e incerti.
Quello che è degli individui, si può dire anche dell'uomo collettivo, come famiglia, o classe.
Nelle società non ci è in fondo che due sole classi, degli “abbienti” e de' “non abbienti”, de' ricchi e de' poveri. E la storia non è se non l'eterna lotta tra chi ha e chi non ha. Gli ordini politici sono mezzi di equilibrio tra le classi. E sono liberi, quando hanno a fondamento l'“equalità”.
Perciò libertà non può essere, dove sono “gentiluomini” o classi previlegiate.
È chiaro che una scienza o arte politica non è possibile, quando non abbia per base la conoscenza della materia su che si ha a esercitare, cioè dell'uomo come individuo e come classe. Perciò una gran parte di questi Discorsi sono ritratti sociali delle moltitudini o delle plebi, degli ottimati o gentiluomini, de' principi, de' francesi, de' tedeschi, degli spagnuoli, d'individui e di popoli. Sono ritratti finissimi per originalità di osservazione ed evidenza di esposizione, ne' quali vien fuori il “carattere”, cioè quelle forze che muovono individui e popoli o classi ad operare così o così. Le sue osservazioni sono frutto di una esperienza propria e immediata; e perciò freschissime e vive anche oggi.
Poiché il carattere umano ha questa base comune, che i desideri o appetiti sono infiniti, e debole ed esitante è la virtù del conseguirli, nasce una sproporzione tra lo scopo e i mezzi; da qui nascono le oscillazioni e i disordini della storia. Perciò la scienza politica o l'arte di condurre e governare gli uomini ha per base la precisione dello scopo e la virtù de' mezzi; e in questa consonanza è quella energia intellettuale, che fa grandi gli uomini e le nazioni. La logica governa il mondo.
Questo punto di vista logico, preponderante nella storia, comunica all'esposizione una calma intellettuale piena di forza e di sicurezza, come di uomo che sa e vuole. Il cuore dell'uomo s'ingrandisce col cervello. Più uno sa, e più osa. Quando la tempra è fiacca, di' pure che l'intelletto è oscuro. L'uomo allora non sa quello che vuole, tirato in qua e in là dalla sua immaginazione e dalle sue passioni: com'è proprio del volgo.
Un'applicazione di questa implacabile logica è il Principe.